Istruzione, tre domande sul "Merito" a Giorgia Meloni: come introdurre e sviluppare la meritocrazia in Italia

Università, mancanza di eccellenze: all’estero sono i motori dello sviluppo dell' economia e della conoscenza di questo secolo

Le critiche sollevate contro Giorgia Meloni quando ha deciso di aggiungere il termine “merito“ al Ministero dell’ istruzione non sono diverse da quelle che  ci sono state in passato in occasione di tentate riforme della scuola  da parte di politici come Maria Stella Gelmini e Matteo Renzi (la “buona scuola“). 

E anche questa volta sono essenzialmente  di natura ideologica: criticano l’ idea che il merito alla fine sia poco " giusto " perché qualunque sua misura ed utilizzo penalizza i più deboli. Su questo quotidiano ha autorevolmente risposto  Galli della Loggja spiegando che il merito deve essere difeso non perché è “giusto “ma perchè una scuola di qualità favorisce la crescita economica e sociale proprio di quei gruppi che i detrattori del merito dovrebbero difendere

Io sono ovviamente d’accordo con Galli Della Loggia, ma vorrei aggiungere un contributo sul come e dove promuovere il merito nella istruzione con maggiore priorità per evitare l’ennesimo fallimento in 50 anni. Lo farei con tre domande concrete per Giorgia Meloni.

Cosa vuole dire “più merito nella scuola” e dove?

Leggendo le idee di diversi intellettuali e manager vicini a FDI (non formalmente nel programma di Giorgia Meloni ) si ha l’impressione  che si voglia offrire la scelta agli italiani tra una scuola di élite e del rigore degli studi e quella di una “ scuola della socialità“, dove si fa poco e lo studio serve a meno .Sarebbe una fuga dal problema perché si creerebbe un “giardinetto del merito“ senza attaccare il vero problema che è quello della scuola di “massa“, quella degli istituti tecnico- professionali e dei licei in periferia e al sud . Oggi le scuole di elite ci sono già  e sono i migliori licei classici e scientifici nel centro di Milano , Roma e altre grandi città dove non si studia affatto male. Per aumentare la meritocrazia basta lasciarle libere di selezionare gli alunni per merito (test d’ingresso) e non per censo (ci vanno i più ricchi che vivono in centro). Il problema sono le altre scuole, in particolare i tecnico-professionali, soprattutto al sud, nelle quali la maggioranza degli studenti riceve un pessimo servizio. Non si tratta solo di una cattiva istruzione, ma anche della incapacità delle scuole  di certificare il merito, per colpa di un esame di maturità che ha perso credibilità.

La cosa è meno grave per i licei perché anche se quelli del sud continuano ad avere il doppio dei cento e lode di quelli del nord, alla fine la selezione avviene comunque, dato che  la maggioranza dei liceali va alla università che, non fidandosi dei voti della maturità, riseleziona grazie ai test di ingresso. E’ invece molto più grave per i diplomati delle scuole di massa, soprattutto  di quelle tecniche- professionali che entrano direttamente nel mondo del lavoro  che li trova inevitabilmente  impreparati e  poco valutabili in base al voto del diploma. E non aiutano  un apprendistato e una alternanza  scuola- lavoro indietro anni luce rispetto alla  Europa di lingua tedesca.

Come intende promuovere il merito nella scuola ?

La chiave sarebbe la  valutazione  delle scuole che da noi è stata sempre  una mission impossible.  E dire che i test INVALSI  rilanciati dalla Gelmini offrono l’opportunità di farlo. La maggioranza dei genitori (e dei politici ) ignora che i test non servono solo a valutare un singolo studente ( come un voto ) ma a valutare intere classi e scuole perché è dimostrato che  il rendimento medio di una classe o di una scuola è funzione della qualità dei suoi insegnanti.

Lo sanno bene gli insegnanti mediocri  che non vogliono essere valutati e per questo condannano i test come “quiz “; così’ , purtroppo, le loro opposizioni con l' aiuto dei sindacati e di molti  “esperti “ hanno reso la  lodevole iniziativa  del Ministro  Gelmini una “ meritocrazia delle carte bollate “ che impegna milioni di giovani ogni anno, ma non serve a nulla. Non basta. Valutare le scuole significa valutare essenzialmente i loro presidi che sono a loro volta gli unici a poter valutare i singoli insegnanti.  Solo che negli anni sono  stati privati del loro potere  e, quando Matteo Renzi ha provato a restituirglielo con la  “buona scuola“, lo hanno accusato  di volere creare “ presidi sceriffi “. Giorgia Meloni intende essere il primo premier a voler valutare seriamente (non con la “autovalutazione“) le scuole italiane, magari usando le leve e le idee di politici di uno schieramento oggi  a lei opposto? Intende mobilitare i genitori per  creare un consenso contro chi si oppone alla misura del merito ?

La terza e ultima domanda è “perché il merito solo nella scuola e non nella università?

Alla fine la nostra scuola riesce a fare benino il suo dovere come testimoniano i nostri test PISA (una specie di INVALSI che permette di paragonare  le scuole di diversi paesi). Il disastro sono le nostre università perché mancano quelle di eccellenza che all’estero sono i veri motori dello sviluppo della economia della conoscenza di questo secolo : non ne abbiamo una tra le prime 100, mentre  ne ha 2 la Svizzera dietro l’angolo e grande come la Lombardia.

Non è solo un problema di eccellenza ma anche di quantità di laureati perchè ne abbiamo troppo pochi e non solo per colpa del “piccolo è bello“ ( sono le grandi aziende che assumono i laureati ), ma anche perchè le università non preparano e non certificano la preparazione, per cui un laureato italiano non è pronto ad assumere quei compiti  che richiedono un minimo di leadership  e, anche se per caso è pronto, non lo sa nessuno. C’è un problema gigantesco, soprattutto nelle lauree “deboli “ , di formazione per l’ingresso nel mondo delle imprese  che viene visto con disinteresse (e spesso anche con disprezzo) dalla elite universitaria  che vede la missione degli atenei  unicamente come “fare cultura “.

Tutto ciò porta a un endemico e cronico rifiuto da parte dei docenti nei confronti della competizione ( rifiuto delle classifiche mondiali ) e della valutazione dei singoli atenei . Senza competizione la meritocrazia non può nascere e perciò se all’estero le università sono i templi della meritocrazia , da noi sono i bastioni del nepotismo.

Introdurre il merito nella istruzione italiana è una ottima priorità per il governo Meloni. Andare oltre il cambio di un nome al ministero non sarà facile. Avere chiare risposte alle domande di cui sopra sarebbe un ottimo primo passo. 

Di Roger Abravanel, fonte: Corriere della Sera