Legittimità degli obblighi vaccinali: la sospensione degli stipendi ai non vaccinati di nuovo al vaglio della Corte Costituzionale
Questa volta è il Tribunale di Catania a dubitare della legittimità e della proporzionalità della misura della sospensione dello stipendio
La ricerca del famoso “Giudice a Berlino” continua anche nei confronti dalla nostra Corte Costituzionale.
Il prossimo 17 novembre i giudici delle leggi saranno di nuovo chiamati a pronunciarsi su uno degli aspetti più gravi e inaccettabili della normativa emergenziale scaturita dalla reazione delle autorità italiane alla c.d. Pandemia Covid che, come noto e per citare solo alcuni aspetti, ci ha nel suo complesso messo ai primissimi posti al mondo per numero dei morti, danni alle attività economiche e lunghezza della chiusura delle scuole.
E’ difficile interpretare una delle prime notizie che, faticosamente, sono emerse al riguardo: il Presidente della Consulta ha optato per tenere l’udienza in Camera di Consiglio e, quindi, ha negato la possibilità che il pubblico possa assistere al suo svolgimento.
Ci si potrebbe chiedere se la scelta sia indicativa della volontà di proseguire ostinatamente nella direzione della sottrazione sistematica dei diritti costituzionali fondanti e di confermare come posizioni
“scientificamente validate”, quelle che sono state basate solo su documentazioni criticabili e fornite da una parte del giudizio o, differentemente, approcciare finalmente in maniera giuridicamente rispettosa la questione cercando, per ragioni di opportunità, di non smentire del tutto un collegio che, ancora, è in maggior parte formato dagli stessi che hanno redatto le improvvide decisioni del 2023, come anche
altre in materia.
Qui non si intende fare previsioni, quanto piuttosto ribadire alcuni circostanze oggettive per porle, come necessario, di nuovo al centro di una discussione che non pare affatto adeguatamente sviluppata.
Eppure si tratta, semplicemente, dei principi di base del patto sociale tra Istituzioni e cittadini italiani.
La Corte Costituzionale ha sbagliato quanto ha deciso di pronunziarsi su questioni di natura scientifica avvalendosi esclusivamente di materiale, oggettivamente, incompleto e contraddittorio fornito dal Governo.
Sul punto, l’errore è stato duplice, i giudici non hanno e non sono tenuti ad avere competenze scientifiche, se decidono di entrare in tali questioni devono, e per disciplina specifica possono, nominare uno o più terzi consulenti indipendenti che forniscano una lettura “non di parte della questione” (e, al riguardo, specifiche richieste sono state scorrettamente respinte).
Tra l’altro, pochi mesi prima delle pronunce del 2023, la Consulta aveva emanato la decisione n. 127 del 2022, in cui chiunque aveva potuto leggere una sconcertante confusione compiuta tra il Virus Sars-Cov2 e la malattia Covid, che aveva pianamente dimostrato l’inidoneità del consesso a pronunziarsi, senza adeguato e terzo supporto scientifico, su questioni di tale natura.
Inoltre, il secondo errore specifico è stato rappresentato dal piegarsi supinamente sulle posizioni proposte dal Governo, nella totale indifferenza rispetto a montagne di dati e pronunce giurisprudenziali di assoluta rilevanza, che i difensori dei ricorrenti e gli estensori degli Amici Curiae (pareri autorevoli presentati da molteplici associazioni) avevano chiesto alla Corte di valutare.
Questa scelta, anziché, come da qualcuno affermato, dimostrare una sorta di onniscienza dell’Istituzione, ne rappresenta un gravissimo momento di debolezza e, prospetticamente, di inutilità del suo stesso ruolo.
Qualsiasi giudice, infatti, deve essere e apparire imparziale e ciò è in radice negato dall’ignorare l’esame pieno e completo delle ragioni di tutte le parti, a maggior ragione in un ambito che esula le questioni strettamente giuridiche (e per le quali, si ribadisce, non si è ricorso ad un consulente terzo).
Ancor di più, ciò è gravissimo quando avviene favorendo la posizione della parte costituita dal Governo, già di per sé beneficiante di una forza imparagonabile a quella di qualsiasi ricorrente privato il quale, in
tal modo, non affronta di fatto un giudizio, ma una validazione acritica del operato del Potere.
Ecco, con quelle decisioni, la Corte Costituzionale sembra aver mosso dei significativi passi verso la messa in discussione addirittura del proprio ruolo.
Perché, in effetti, qualcuno potrebbe anche chiedersi a che cosa serva mantenere in piedi il giudizio di Costituzionalità, con i suoi costi e i suoi attori, quando finisca per non essere altro che una validazione acritica delle scelte governative, del tutto indifferente ai dati e alle evidenze poste alla attenzione dalla controparte.
Un semplice rito pagano.
Nello specifico, poi, delle decisive questioni poste all’attenzione della Consulta dal benemerito giudice siciliano, si può chiaramente evidenziare come, ancora una volta, esse trovano pieno e decisivo conforto da dati acquisiti sin dall’origine della c.d. vicenda pandemica e, per di più, fortissimo supporto giudiziario, non solo in alcune ottime e non appellate decisioni di merito di giudici italiani, ma anche in fondamentali e inaccettabilmente ignorate pronunzie della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Per ovvie e necessarie ragioni di sintesi, si ricorda solo come i dati pubblici forniti dalle Case Farmaceutiche sin dall’inizio, per conseguire quelle che sarebbero state inizialmente autorizzazioni emergenziali dei c.d. vaccini anti covid, evidenziavano la assolutamente sconosciuta idoneità di quei prodotti a garantire l’immunizzazione dal contagio da Sars-Cov2 nonché tutta una debolezza, se non totale assenza, di adeguate verifiche di sicurezza su molteplici categorie di soggetti (in primis, donne incinte e ragazzi).
Soprattutto, poi, l’autorizzazione emergenziale trovava legittimazione e fondamento giuridico nella riconosciuta, da parte dell’OMS, incurabilità della malattia covid che, ancora recentissimamente e per esempio, il Dott. Andrea Stramezzi ha dimostrato non sussistere richiamando linee guida ufficiali di cura risalenti addirittura a fine marzo 2020 (per non parlare della Terapia del Dr. De Donno con il plasma iperimmune).
Sul piano giudiziario poi, e ancora in estremissima sintesi, la decisione n. 116 del 2021, che dovrebbe essere rispettata dalla nostra Corte Costituzionale, richiede per la validità di un obbligo vaccinale tre requisiti:la sicurezza del prodotto, la sua capacità immunizzante e la previsione di una sanzione moderata per il suo mancato rispetto.
Anche solo il terzo e più banale requisito indicato, e la presenza dei primi due era ed è, eufemisticamente, assai dubbia, appare così palesemente violato attraverso la sospensione integrale dello stipendio (può essere “moderata” una sanzione che priva integralmente per mesi un lavoratore per mesi dei mezzi di sussistenza?) previsto dalla normativa italiana, che lasciano letteralmente interdetti i “giochi di parole” con cui si è tentato di riconoscerne il rispetto della Costituzione.
Tuttavia, poiché ci sono “esperti di diritto del lavoro” che arrivano a sostenere che non si sarebbe trattato di una “sanzione”, ma di una scelta legislativa che avrebbe lasciato al lavoratore la possibilità di evitare tale conseguenza “solo” offrendo il proprio corpo ad un TSO generalizzato (e, si aggiunge qui, palesemente ricattatorio), si può pacatamente replicare che qualsiasi scelta legislativa preveda conseguenze “non moderate” per il suo mancato rispetto, confligge direttamente con quanto sostenuto nella decisione della CEDU citata.
E confligge a tale punto che, la medesima Corte dei Diritti dell’Uomo e in altra occasione, con la decisione Pasquinelli del 2024, ha ritenuto non eccessive e non illegittime le modalità con cui venivano
sanzionati i sanitari che rifiutavano la c.d. vaccinazione anti covid a San Marino perché, testuali parole, “a differenza dell’Italia”, nella Repubblica del Titano era espressamente prevista una puntuale procedura di ricollocazione con mansioni diverse compatibili con tale stato, anche presso amministrazioni differenti (e un costo calmierato dei tamponi) e, se anche tutte le soluzioni prospettate non si fossero rivelate praticabili, il sospeso avrebbe comunque beneficiato di un porzione di stipendio intorno ai 700 euro e dei relativi assegni familiari.
Ora, ricordando conclusivamente le parole del Ministro della Salute della Florida (Surgeon General), il Dr. Joseph Ladapo secondo il quale e in maniera del tutto condivisibile, “l’etica medica non può ammettere la contemporanea presenza di un vero consenso informato e di una coercizione ad assumere un farmaco, e l’obbligo è evidentemente una coercizione”, riteniamo che sia più che mai ora che la questione sia esaminata sotto tutti i suoi molteplici aspetti da parte della Corte Costituzionale, senza dannosi e pretestuosi arroccamenti su pretese verità dogmatiche che si pretendano insindacabili.
Diversamente, non saremmo nemmeno in presenza, come dicono molti, di scelte politiche, ma di qualcosa di assai peggio, cioè di scelte arbitrarie connotate da puro orientamento ideologico e punitivo, sganciato dal dato di realtà e, in definitiva, puramente eversivo dell’ordine costituzionale sempre più delineato solamente su carta.