La Fura dels Baus torna a Milano con “SONS: Ser o No Ser”: immersione totale nell’Amleto del futuro
Un’esperienza teatrale radicale e immersiva che unisce tecnologia, fisicità e partecipazione del pubblico, reinventando l’Amleto in una forma sensoriale e visionaria- Presso la Fabbrica del Vapore, Milano dal 28 novembre al 14 dicembre 2025
La Fura dels Baus, la compagnia catalana che ha rivoluzionato il teatro contemporaneo, torna in Italia con “SONS: Ser o No Ser”, nuova produzione immersiva ispirata all’Amleto shakespeariano e firmata dal regista e co-fondatore Carlus Padrissa. Dopo i successi internazionali a Buenos Aires e Málaga, lo spettacolo approda alla Fabbrica del Vapore in un allestimento site-specific che trasforma radicalmente gli spazi del complesso milanese.
Pensato come un’esperienza multisensoriale, SONS fonde teatro fisico, video a 360 gradi, scenografie digitali e suono surround, proiettando il pubblico — rigorosamente in piedi e libero di muoversi — all’interno dell’azione scenica. L’obiettivo, spiega Padrissa, è “creare un cortocircuito sensoriale” e trasformare il celebre “essere o non essere” in una riflessione collettiva sul presente, tra crisi ambientale, manipolazione dei media e fragilità dell’individuo nell’epoca digitale.
La messinscena rompe ogni distanza tra attori e spettatori, che diventano parte del rito performativo: un teatro che, nelle parole del regista, “fa secernere adrenalina”, spingendo a scegliere, reagire, prendere posizione. Tra immagini potenti — come la nascita del protagonista che si libera da una plastica-placenta — e continue interferenze video, SONS indaga il rapporto tra corpo e immagine, reale e virtuale, invitando a riappropriarsi del contatto umano in un mondo dominato dagli schermi.
Il progetto, presentato da Show Bees con il Comune di Milano, coinvolge anche il territorio: otto giovani attori della STM Scuola del Teatro Musicale saranno integrati nel cast tramite un laboratorio formativo. Entusiastiche le reazioni istituzionali: l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi parla di “opera che travalica i confini tra palco e platea”, mentre la direttrice della Fabbrica del Vapore, Maria Fratelli, definisce la Fura “di casa” in uno spazio che ne condivide lo spirito contemporaneo.
Tra Shakespeare, Heiner Müller e Calderón de la Barca, SONS diventa un viaggio primordiale tra nascita, morte ed elementi naturali, dove il pubblico può scegliere se partecipare da vicino, restare ai margini o lasciarsi travolgere.
Un’esperienza totale, che conferma La Fura dels Baus come una delle compagnie più radicali della scena internazionale e che, nella Milano del 2025, rilancia il senso più autentico del teatro: farci tornare vivi.
La Fura dels Baus
Nata alla fine degli anni Settanta a Moyá e presto trasferitasi a Barcellona, La Fura dels Baus si è imposta come una delle compagnie più innovative del teatro contemporaneo. Fin dagli esordi, grazie al lavoro di un nucleo artistico guidato da Marcel·lí Antúnez Roca, Carlus Padrissa e altri collaboratori storici, La Fura ha rivoluzionato il modo di concepire lo spazio scenico e il ruolo dello spettatore, portando il teatro in luoghi non convenzionali e trasformando il pubblico in parte attiva dell’azione. Dai primi spettacoli di strada alla celebre trilogia Accions, Suz/o/Suz e Tier Mon, il gruppo ha sviluppato un “linguaggio furero” fatto di rischio, fisicità, tecnologia e improvvisazione, che negli anni si è esteso all’opera, al cinema e ai grandi eventi.
Tra le produzioni più note si ricordano Noun, Manes, Faust 3.0, Metamorfosis, Imperium e Boris Godunov, molte delle quali hanno trovato in Italia un pubblico entusiasta, soprattutto negli storici allestimenti milanesi e nella collaborazione con il Teatro alla Scala per Tannhäuser. Iconica anche la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Barcellona 1992, che ha consacrato la compagnia sulla scena internazionale.
Il segreto del loro successo risiede nella capacità di fondere elementi opposti — carne e mito, natura e artificio, primitivismo e tecnologia — creando performance dal forte impatto sensoriale. A questo si aggiunge l’abitudine di coinvolgere le comunità locali, lavorando con cittadini e performer non professionisti per generare esperienze partecipative che vanno oltre la rappresentazione. Un teatro che non osserva, ma ingloba, trasforma e lascia un segno duraturo nei luoghi che attraversa.