Le strade dell’arte a volte si incontrano
Il 31 marzo scorso, presso la Cortesi Gallery di via Morigi 8 a Milano, si è inaugurata l’interessantissima esposizione di opere dal titolo “Pietro Consagra; colloquio diabolico”: la mostra, curata da Alberto Salvadori in collaborazione con l’Archivio Pietro Consagra, resterà visitabile fino al 27 giugno 2025.
Stefano Cortesi, fondatore della omonima Galleria, ha organizzato questo evento con l’espressa intenzione di contribuire all’approfondimento e a una sorta di ridefinizione della scultura moderna; come ha evidenziato Salvadori nel testo che commenta le opere esposte, la mostra esprime un particolare riferimento all’astrattismo “psicologico” che caratterizza l’attività dell’Artista (foto 1): «da controcanto alle sculture sono esposti una selezione di “bitumi” dipinti su fraesite, nei quali si percepisce e, in taluni casi, si riesce anche a leggere, la dinamica di realizzazione dei Colloqui (realizzati tra il 185 e il 1864), in quella loro specifica bidimensionalità fondamentale per la lettura delle sue opere». Personalmente sono affascinato piú dalla scultura che dalla pittura; due opere mi hanno particolarmente colpito: il “Colloquio Diabolico” («opera storica in legno bruciato e bronzo, presentato per la prima volta alla Biennale di Venezia del 1960, anno in cui a Consagra fu assegnato il Premio Internazionale della Scultura e ora riproposto al pubblico italiano in un nuovo contesto, dopo molti decenni») (foto 2a e 2b) e “Racconto del Demonio” conosciuto anche come “Colloquio Spoletino” («cinque sculture in ferro sospese su una struttura a forma di croce, a rafforzare l’espressività sotterranea del tema che richiama la cultura medioevale della Cittadina») (foto 3): rispetto ai cinque originali esposti nel 1962 per le vie di Spoleto nell’evento “Sculture nella città”, le versioni che l’Artista ha successivamente realizzato in bronzo vengono presentate per la prima volta a Cortesi Gallery allineate in una successione analoga a quella per Spoleto. Ho spesso occasione di ammirare le due belle sculture che Consagra ha donato alla città di Milano “Nembro rosato” e “Giallo Mori” del 1977 e che tutti possono vedere provenendo da piazza Mercanti e procedendo verso piazza del Duomo (foto 4): ricordo, fra l’altro, che fu proprio il mio Maestro, il professor Marco Zanuso, a consigliarne la collocazione in quel punto, per dirimere la polemica che era sorta fra l’Artista e l’Amministrazione che le aveva tolte da piazza San Babila in seguito alla nuova sistemazione concepita da Gigi Caccia Dominioni. Ho conosciuto per la prima volta l’opera del grande artista siciliano (Mazara del Vallo ottobre 1920 - Milano luglio 2005) a Levanto, in Liguria, crocevia di intellettuali e artisti. In realtà, attorno agli anni ’70, Gabriela Noris, la famosa fotografa specializzata nel ritratto di… fantastiche automobili (foto 5), mi aveva dato il suo biglietto da visita che allora mi era parso subito curioso e insolitamente bello: si tratta di un rettangolo di sottilissima lamiera di acciaio inossidabile nel quale sono traforate le coordinate della fotografa e una serie di quattro raffinatissime figure astratte, firmato Consagra (foto 6). Ricordavo la cosa con la professoressa Gabriella Di Milia Consagra (moglie dell’artista e responsabile della Fondazione Consagra) presente all’inaugurazione della mostra presso la Galleria Cortesi e lei stessa mi confermava di avere conosciuto bene la famiglia Ghini al tempo in cui Antonio (marito di Gabriela) si occupava della Comunicazione del Gruppo Renault, prima di passare alla Ferrari; in quel frangente egli aveva “mobilitato” un gran numero di artisti di fama internazionale e, fra questi, lo stesso Consagra del quale lei conosceva il raro e pregiato biglietto da visita per Gabriela. Parlando di Renault e della suddetta formidabile temperie culturale, abbiamo ricordato che, in tanta famiglia, la figlia non poteva non avere ereditato una sua specifica pulsione artistica: Morgana Orsetta Ghini, in arte “MOG”, è essa stessa coraggiosa scultrice (foto 7). Non so dire se dell’artista siciliano, che ha frequentato e conosciuto in quanto vicino di casa, ha colto la curiosa propensione alla realizzazione di sculture-superficie; certo è che, nella rappresentazione un po’ feticistica dell’organo sessuale femminile che lei affronta in tutte le materie e a tutte le scale, essa predilige la proiezione piana. Ho visto vagine enormi entro le quali passare (foto 8) non senza malcelato sussiego ovvero vagine minuscole ritagliate in oro da portare al collo inanellate come misteriosi ed enigmatici gingilli (foto 9). In occasione di una sua mostra presso l’Arengario di Milano, Alessandro Bergonzi ebbe, fra l’altro, a dire che si trattava di un «incredibile sopralluogo dei sottoluoghi della terra e della carni umane e amene. E’ un viaggio studio dei segni e dei disegni di un’etnia corporale, a forma di donna aperta, che non nasconde il nascosto ma vuol far vedere l’ultima delle sue presenze. E le assenze? Le porterá a guardare, se non saprá vedere». Le strade dell’arte a volte si incontrano.