Nel buio della sala, un uomo solo, con le sue memorie, le sue angosce, sente di non aver alcuna via di fuga. Dal profondo voci e presenze che lo richiamano alla cruda realtà. Un dialogo morto, perché lui è un quasi morto tra i morti. Regia, coreografia di Emma Cianchi, interpretato da uno intenso Antonio Nicastro. Solo un fascio di luce illumina un corpo immobile sdraiato a testa in giù, si muove lento, procede a tentoni, si chiede dove sia finito. Si alza barcollando, cerca aria, cerca un rivolo d’acqua che la roccia trasuda. Un sussurro di sottofondo: barbari, feroci...
2 maggio 1945. Ha solo 23 anni il coraggiosissimo agente di polizia Umberto Barbierato, il quale nonostante avesse avuto notizia dell’armistizio, anziché abbandonare la popolazione italiana alla mercé degli spietati partigiani di Tito rimase al suo posto in caserma per difenderli fino alla sua cattura. Scelta che gli costò la vita, finendo anch’egli trucidato in una foiba. Solo perché indossava una divisa.
Fra le pieghe della Grande Storia, una atroce pagina di storia ancora ignota a molti. Per non dimenticare. In occasione del “Giorno del Ricordo”, delle vittime delle foibe, si rievoca la tragedia, l'esodo massiccio forzato di italiani dall’ Istria, Fiume e Dalmazia e la complessa vicenda del confine orientale, nell'immediato dopoguerra che coinvolse tra 250.000 e 300.000 Italiani.
Con i massacri delle Foibe trovarono la morte un numero imprecisato tra 6.000 e 9.000, colpiti a morte per la sola colpa di essere italiani. Torturati e gettati nelle foibe dalle milizie di Tito. Inghiottitoi carsici, talvolta di dimensioni spettacolari, tipici della regione Giulia.
Il Governi italiano e jugoslavo firmarono a Rapallo un Trattato con cui i confini tra i due Paesi venivano fissati in maniera consensuale: l'Italia otteneva la quasi totalità della Venezia Giulia (ma non Fiume), mentre rinunciava a quasi tutta la Dalmazia (tranne Zara e l'isola di Lagosta). La “strage dimenticata” onora oggi i suoi Eroi troppo a lungo ignorati: Umberto Barbierato, concittadino di San Martino di Venezze non era riconosciuto come martire delle foibe ma solamente come disperso della seconda guerra mondiale. Invece fu il primo polesano a essere infoibato.
Luce e Giustizia. Applausi e commozione. Grazie all’impegno incessante della famiglia, del Questore di Rovigo Eugenio Vomiero e delle autorità locali é partito l’iter di riconoscimento ufficiale, targa commemorativa e pergamena sono state consegnate agli eredi tra cui Ilaria Barbierato, nipote di Umberto, tra i piu’ apprezzati avvocati del Foro di Milano. Molto emozionato nel deposrre la corona alla memoria e insieme al Questore, l'omonimo Umberto, papà di Ilaria e nipote di Umberto, nel nome porta il ricordo. Come un marchio a fuoco Perché prevalga sempre una cultura della pace, della solidarietà, al di sopra della violenza e dell’odio.