Voglio cominciare in regale bellezza: Premiata con prestigioso riconoscimento “L’Oro di Napoli” ( una sorta di Cavalierato della Cultura) Emmanuela Spedaliere, direttore Generale del Teatro San Carlo che si batte per la cultura come antidoto al “resto di niente”. Da sogno, opulente, la Prima al Teatro San Carlo di Romeo e Giulietta, il capolavoro di Sergej Prokof’ev con la coreografia di Kenneth MacMillan, “il poeta delle passioni umane”, che realizzò la sua versione coreografica del soggetto shakesperiano per il Royal Ballet di Londra. La prima rappresentazione, nel 1965, ebbe come protagonista Rudolf Nureev e nello stesso anno approdo’ al San Carlo. Paul Connelly sul podio per dirigere l’Orchestra del Massimo napoletano. Scene e i costumi di Paul Andrews, mentre John B Read firma le luci e Renzo Musumeci Greco è il Maestro d’Armi. La produzione del Birmingham Royal Ballet con il Balletto del Teatro San Carlo, diretto da Clotilde Vayer. Repliche fino al 5 maggio.
Altro fil rouge da Cechov al Teatro Mercadante all’Istituto degli Studi Filosofici.
“Se siamo qui, è grazie a Lui. Perchè questo luogo esiste grazie a lui”. Massimiliano Marotta ricorda suo padre Gerardo con una suggestiva mise en scene “ ll Sogno e l’ebbrezza di Nietzsche, pianoforte e danza. L’avvocato Gerardo Marotta, uomo minuto d’aspetto, ma è il gigante fondatore dell’Istituto Studi Filosofici. Si è battuto come un leone fino a 90 anni, povero in canna, si era venduto tutte le sue proprietà e quelle della moglie per mantenerlo in vita. Lo aveva fondato nel 1975, quando bussarono alla porta del suo ufficio Elena Croce, figlia del filosofo Benedetto, e il presidente dell’Accademia dei Lincei, Enrico Cerulli. “Erano venuti a chiedermi di lasciare la mia professione per continuare il lavoro che avevo fatto dopo la liberazione, con il gruppo Gramsci e i circoli del cinema che avevo creato insieme a Renato Caccioppoli. Risposi che ero onorato della proposta e che mi sarei preso un anno di tempo per riflettere. Ma Elena Croce sbottò: “ Bisogna far presto, non c’è tempo da perdere, l’Europa è in declino”. E aggiunse: "Quando le forze barbare prendono il sopravvento e distruggono le biblioteche e i grandi monumenti, gli uomini, vedendosi privati delle risorse per continuare le loro opere, devono rassegnarsi alla morte”. Dello spirito.
Allora come oggi. Il 25 aprile 2024 è stata l’occasione mancata di questa destra dalla quale ci aspettavamo due paroline: “Siamo anti/fascisti”.
Progetto Čechov , seconda tappa dopo Il gabbiano. Fino al 28 aprile lo spettacolo Zio Vanja, secondo testo del grande scrittore russo. Questa volta versione pop, abiti anni ’60 e parrucche vaporose. Il regista Leonardo Lidi prosegue il suo viaggio tra i capolavori del drammaturgo che giungerà a compimento quest’anno con la messa in scena de Il Giardino dei ciliegi.
Interpreti bravissimi sono: Giordano Agrusta, Maurizio Cardillo, Ilaria Falini, Angela Malfitano, Francesca Mazza, Mario Pirrello, Tino Rossi, Massimiliano Speziani, Giuliana Vigogna. "Čechov può arrivare a tutti senza retorica – commenta Lidi – e può davvero far innamorare le nuove generazioni. Čechov non ha bisogno di essere contestualizzato. E’ empatico lo Zio Vanja, il capofamiglia di una famiglia disgregata, disfunzionale, come lo sono tante famiglie oggi. C’eravamo tanto amati. C’è stato un tempo dove questa strana famiglia non era poi così strana. Ogni personaggio al proprio posto. Chi indossa il costume dell’intellettuale, metafora di speranza futura. Lecito che una bella ragazza si invaghisse del proprio professore ed era altrettanto plausibile che la famiglia tutelasse il sapiente uomo come un animale in via d’estinzione. E così Vera si sposa con Aleksandr, lo porta a Casa e la storia comincia. Ma il cuore si tinge di nero e questa possibile colorata commedia diventa dissacrante. La Casa è culturalmente morta, amici miei. È governata da ignoranti e sterili ideologie. Ce lo ricorda lo Zio, per sbatterci in faccia la nostra condizione perennemente umiliante. Inutile lavorare, inutile impegnarsi, inutile studiare. Dice, lo zio. Meglio aspettare un reddito senza sudare, meglio lamentarsi di chi ha distrutto il talento. Avete costruito un focolare tanto stupido che preferisco congelare al sincero freddo della mia solitudine, lasciatemi fuori, l’anno prossimo la vendiamo per davvero questa Casa! “Non è nulla bambina mia, le oche starnazzano per un po’ e poi si calmano…