Fondation Cartier pour l'Art Contemporain, Centre Pompidou e Pinault Collection aprono le porte al Patron Program di Triennale di Milano
Diario di viaggio di un percorso immersivo che si basa sull’impronta indelebile che l’uomo lascia nella Natura al suo passaggio e a un rapporto inscindibile perchè “Una divisione netta tra umano e natura è una visione forzata dalla realtà” Giuseppe Penone.
Ha inizio con Fondation Cartier pour l'Art Contemporain con cui Triennale di Milano ha stipulato un sodalizio culturale della durata di otto anni, il primo viaggio organizzato dal Patron Program di Triennale, costituito per sostenere e ampliare il proprio irraggiamento grazie al contributo di artisti, collezionisti e appassionati di arte e cultura. Grazia Quaroni, Direttrice delle collezioni e del partenariato con Triennale e Fondation Cartier pour l’Art Contemporain, ha aperto le porte dell’edificio in metallo e vetro progettato da Jean Nouvel e inaugurato nel 1994. Concepito come incubatore di idee e di attività legate all’arte e al design, l’edificio ospita al suo interno spazi tra cui l’atelier del couturier Alber Elbaz, recentemente scomparso. E’ qui che Fabrice Hyber, nato a Lucon nel 1961, Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel 1997 per l’installazione «Eau d’or, eau dort, Odor» ha spiegato nel dettaglio come ad una scolaresca il suo programma di lavoro e i suoi sogni. La dedizione incondizionata verso la natura lo ha condotto negli anni Novanta a seminare 300.000 semi di diverse specie arboree in decine di ettari di terreni conquistati intorno alla casa di famiglia, negli anni diventati un bosco da cui ha tratto la linfa per i suoi progetti. Sessanta tele di cui un terzo realizzate apposta per questa mostra intitolata La Vallée, spiegate minuziosamente e didascalicamente con l’entusiasmo infantile dettato dal suo amore per la natura, in un allestimento che evoca la nostra memoria scolastica, con i banchi, le lavagne, le finestre alte inaccessibili. Attraverso le tele di grandi dimensioni e di frizzante effetto pittorico, Hyber conduce in un viaggio immaginario attraverso i processi biologici e i condizionamenti apportati dalle attività umane, analizzando le problematiche di rispetto dell’ambiente che ne fanno ambasciatore del fondo «Onf-Agir pour la forêt» che finanzia progetti di valorizzazione dei boschi e di difesa della biodiversità in Francia. Appassionato di biologia e di scienza, Hyber collabora anche dal 2015 con l’Institut Pasteur al progetto «Organoïde» per inventare una nuova visione della ricerca biomedica. Come se volesse accertarsi di trasmettere ogni dato in suo possesso i dipinti sono costellati di annotazioni e di scritte in diverse lingue, a corollario del contesto che intende descrivere, come le scritte in arabo vicino ai pozzi petroliferi nel deserto che illustrano la catena della produzione della plastica. Uno spaccato delle bellezze naturali forestali e marine in cui lui stesso, rappresentato come il piccolo Homme Vert, Omino Verde, diventa un tutt’uno con gli alberi e la terra, per enfatizzare il nostro legame atavico col cosmo di cui siamo parte inscindibile. Sull’impronta indelebile che l’uomo lascia nella Natura al suo passaggio verte il percorso attraverso le importanti mostre parigine selezionate da Erica Corti, con il curatore Damiano Gullì, Carlotta Arianna Benardelli e il team Patron Triennale a testimonianza di quanto la sensibilità verso l’ambiente che non salvaguardiamo abbastanza costituisca un grido corale degli artisti. Emblematico come trait d’union il disegno di Giuseppe Penone che rappresenta una mano che stringe un tronco deformandone la crescita e imprimendo la forza umana e la propria genetica in questa metamorfosi. E’ proprio con Penone, e la sua scultura costituita da un ramo da cui sgorga acqua che si adagia nel giardino della Fondation Cartier, che prosegue il percorso, con la personale dedicata all’artista piemontese al Centre Pompidou. La mostra che durerà fino ad aprile, si basa soprattutto su una collezione di 241 disegni emblematici e propedeutici per approfondire il percorso concettuale di uno degli esponenti più significativi dell’Arte Povera e del contesto artistico internazionale. I disegni esposti fanno parte di una corposa donazione effettuata nel 2020 da Penone al Centre Pompidou, 328 disegni che coprono la produzione di circa cinquant’anni. Dal 1967 al 2019. L’esposizione, spiegata con grande chiarezza dalla curatrice Laetitia Pesenti, privilegia un percorso cronologico fatto di numerose opere seriali, accompagnate da quattro sculture di proprietà del museo con tematiche inerenti ai disegni, e di due sculture prestate dall’artista per completare il ciclo materico da lui affrontato: legno, argilla, foglie e bronzo. “Una divisione netta tra umano e natura è una visione forzata dalla realtà” sostiene Penone che nella scultura in bronzo ossidato in Peau de Feuilles del 2000 rappresenta l’uomo con il vuoto formato dal legno che a sua volta viene generato dal corpo umano in un rapporto simbiotico. Nel Soffio, scultura in terracotta del 1980 il corpo umano imprime la propria impronta con lo stesso concetto, corredato da disegni alle pareti che ne chiariscono la lettura. Il rapporto tra uomo e natura rappresenta uno degli aspetti sottolineati anche dalle opere scaturite dagli spazi meno istituzionalizzati, come il Rivoli 59, che con i suoi 40.000 visitatori all’anno rappresenta il terzo polo dell’arte contemporanea a Parigi nonché uno dei più grandi spazi artistici autogestiti della città. La sua storia nasce con gli squatters che nel 1999 hanno occupato il Crédit Lyonnais e la visita condotta da Gaspard, uno dei tre fondatori, costituisce una deviazione nel percorso sia per l’anticonformismo dell’offerta dei trenta atelier con galleria d’arte sia per lo spirito fortemente antropocentrico di pensatoio di artisti di tutte le età e generi che pervade l’atmosfera con una forza ossigenante come una foresta. Il viaggio prosegue con la foresta simbolica Before the Storm, dell’artista danese di origine vietnamita Danh Vo che invade lo spazio austero creato da Tadao Ando all’interno della Bourse de Commerce, oggi sede della Collection Pinault. Tronchi enormi di quercia, vittime del tempo e delle tempeste, selezionati con il Dipartimento Forestale Francese, sono disposti e ancorati alle strutture da costruzione in legno. Rami di altre essenze provengono dalle foreste sostenibili di proprietà di Robert McNamara, figlio dell’ex segretario della difesa statunitense tra i sostenitori della guerra in Vietnam che ha causato l’esilio dell’artista Danh Vo. La mostra Avant l’Orage, illustrata da Caroline Bourgeois, senior curator di Pinault Collection, di cui fa parte l’installazione site specific di Vo, è il frutto di un collettivo di circa venti artisti chiamati a misurarsi con gli eventi atmosferici che condizionano l’ambiente e immergono il visitatore in un panorama di ecosistemi differenti. Si chiude un percorso che evoca sotto vari aspetti l’Albero della Vita, antico quanto l’uomo stesso, presente nella cultura universale, simbolo della forza della vita generatrice, di immortalità e abbondanza, resistente e resiliente, stabile e perseverante nella sua essenza e storicamente rappresentato anche con volto umano.
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