Biennale di Venezia, la 59esima edizione dal titolo "Il latte dei sogni" è aperta ai Giardini e all’Arsenale fino al 27 novembre - le immagini

Il titolo della mostra cita il libro di favole che l’artista surrealista Leonora Carrington, di origine britannica, ma trapiantata in Messico

Ancora fino al 27 novembre sarà possibile visitare la 59ma edizione della Biennale d’arte di Venezia che, per questa edizione, è curata dall’italiana Cecilia Alemani ed ha per titolo “Il latte dei sogni”.

Il titolo della mostra cita il libro di favole che l’artista surrealista Leonora Carrington, di origine britannica, ma trapiantata in Messico, aveva voluto scrivere negli anni ‘50 per i propri figli. Ed è proprio al mondo fantastico ed alle creature immaginifiche del libro che la curatrice ha voluto fare riferimento nell’intitolare la corrente edizione della mostra, ispirata alle metamorfosi dei corpi e delle definizioni che accompagnano il viaggio di questa Biennale.

Articolata, come di consueto, nei due spazi espositivi principali dei Giardini e dell’Arsenale, sono almeno 80 paesi i paesi rappresentati, senza dimenticare i circa 30 eventi collaterali.

Ai Giardini il padiglione Germania occupato dall’artista Maria Eichorn si interessa alla storia del padiglione ed alle sue trasformazioni nel corso del tempo, rendendone visibili le tracce strutturali che si sono sovrapposte nel corso dei decenni.

Gli Stati Uniti presentano, sotto il titolo di “Sovereignty”, opere dell’artista Simone Leigh, in particolare sculture di grandi dimensioni che radunano disparate narrative aventi come denominatore il tema della diaspora africana.

L’artista francese di origine algerina Zineb Sedira è invece l’artista selezionata dalla Francia per il suo ottimo padiglione. La sua opera “I sogni non hanno titolo” è un vero e proprio viaggio nel tempo e trasforma con molta poesia il padiglione nazionale francese in differenti set cinematografici di un ipotetico film algerino degli anni 60. Il riferimento è quello di un periodo speciale dell’Algeria, che si stava emancipando dal colonialismo francese e dove, nella migliore tradizione mediterranea, cineasti europei (come dimenticare il nostro Gillo Pontecorvo?) e nordafricani si incontravano all’insegna della ricerca creativa. Ed in questo ricordo nostalgico, rappresentato anche dagli oggetti e dalle musiche dell’epoca, si mischiano altresì i ricordi personali e famigliari dell’artista.

Chiuso, e sorvegliato dalle forze dell’ordine, è rimasto il padiglione della Russia, il cui curatore si è rifiutato di partecipare insieme agli artisti come gesto di protesta contro la guerra innescata dal regime di Putin.

All’Arsenale l’artista Arcangelo Sassolino è presentato da Malta con una spettacolare installazione cinetica immersiva ispirata alla Decollazione di San Giovanni Battista (ospitata nella Cattedrale della Valletta) dove la tecnologia dell’induzione produce gocce di acciaio fuso che cadono da una struttura in soprastante in sette vasche riempite d’acqua, raffreddandosi e ritirandosi nell’oscurità.

Il padiglione Italia di questa edizione della Biennale ospita un solo artista, Gian Maria Tosatti, con l’opera “Storia della notte e destino delle comete”. L’opera si divide in due grandi installazioni ambientali, la prima, che ricostruisce gli interni di una fabbrica desolata, vuole essere un viaggio attraverso la parabola della crescita e del declino del industria italiana, mentre la seconda è pervasa da una timida speranza nel futuro che prende le mosse da un ritrovato rapporto intimo con la natura.

Ma la forza trainante della Biennale ha il particolare pregio di offrire l’occasione per una molteplicità di eventi collaterali, direttamente od indirettamente collegati alla manifestazione, che occupano i più svariati e talvolta inusuali spazi della città (come la prigione femminile della Giudecca ad opera del festival d’arte contemporanea delle isole Lofoten...).

A tal proposito è impossibile non citare a Palazzo Ducale l’intervento di Anselm Kiefer, con ogni probabilità ciò che più rimarrà nella storia di questa biennale. L’artista, ispirandosi ad una frase del filosofo veneto Andrea Emo che dà anche il titolo all’intervento (“Questi scritti quando saranno bruciati daranno finalmente un po' di luce”), propone una apocalittica e smisurata installazione di 800 mq che occupa tutti e quattro il lati della sala dello scrutinio e che unisce il passato al futuro della città di Venezia. Le opere, provvisoriamente e simbolicamente sovrapposte a tele del Tintoretto e del Palma, parlano con enorme potenza di fuochi devastanti, decadenza, memoria e creazione.

A margine di questa carrellata dedicata all’arte contemporanea non si può non segnalare la riapertura, avvenuta a marzo, del museo di Palazzo Fortuny con il nuovo affascinante allestimento. Il museo, ospitato nel palazzo che già fu sua dimora ed atelier, è dedicato alla geniale figura di Mariano Fortuny y Madrazo. Fortuny, artista multidisciplinare, è specialmente ricordato per le sue coltissime e raffinatissime creazioni tessili e di moda che si ispirano alla antica Grecia ed alla tradizione pittorica veneziana, in uno squisito gioco di rimandi tra passato/presente e oriente/ occidente che tanto affascinò Proust, il quale diede alle creazioni di Fortuny un ruolo chiave nella sua massima opera, la Recherche.

La Biennale di Venezia è aperta ai Giardini ed all’Arsenale fino al 27 novembre.

Carlo Pilo di Boyl