AS ABOVE, SO BELOW, Elisa Sighicelli illumina i tesori nascosti del Gam di Milano

Questa mostra, curata da Paola Zatti, conservatrice responsabile della Galleria d’Arte Moderna di Milano, crea un suggestivo racconto tra l’opera storica e quella contemporanea alla vigilia del riallestimento dei depositi

Una mostra che nasce dall’idea di interazione tra alto e basso, divino e umano; la scelta del titolo: As Above So Below, implica il legame tra il macrocosmo e il microcosmo, l‘influenza del cosmo sull’uomo e la ripercussione che ha l’attività umana sul cosmo, ma anche per trasposizione il legame tra ciò che risplende nella luce e ciò che affonda nelle tenebre.

Questa mostra, curata da Paola Zatti, conservatrice responsabile della Galleria d’Arte Moderna di Milano, crea un suggestivo racconto tra l’opera storica e quella contemporanea alla vigilia del riallestimento dei depositi. “800 oggetti scultorei: gessi, bronzi, marmi, cere, corpi mutilati, languide figure femminili, epigrafi, condottieri e cimeli funerari che, a insaputa del visitatore del museo, abitano i sotterranei in attesa di ritrovare una più funzionale collocazione ai piani superiori.”

Viene offerta una visione inedita e propositiva che potrebbe diventare un suggerimento per mettere in evidenza parte del tesoro nascosto nei magazzini dei musei, luoghi affascinanti e spesso impenetrabili, forzieri di opere spesso dimenticate dal valore inestimabile, non visitabili, perché dedicati alla conservazione e allo studio delle opere per necessità scientifiche.

L’artista Elisa Sighicelli, sceglie le opere nel deposito del GAM, in base alle loro potenzialità espressive, le assembla o le isola, le trasforma attraverso le tecniche di luce e di fotografia e le espone con un allestimento da lei studiato nelle cinque sale della Villa Reale dedicate alle mostre temporanee.

Il percorso espositivo riunisce un corpus di circa 25 immagini tra stampe fotografiche su carta, una stampa su gesso e due sculture provenienti: Ignara mali (1910), scultura in gesso di Bassano Danielli, e L’invocazione (1920) bronzea di Antonio Bezzola.

“Elementi come la polvere, i cartellini per l’inventariazione, il pluriball a protezione dei corpi, le mutilazioni e la decontestualizzazione dei gruppi scultorei, diventano nodi cruciali di una sceneggiatura spontanea attivata dallo sguardo dell’artista sulle sculture. Una statua che sussurra all’orecchio di un’altra, uno sguardo di sbieco che pare incrociare gli occhi di un compagno, un contatto ravvicinato che suggerisce un incontro amoroso, ma forse anche altro.”

La mostra è accompagnata da una pubblicazione a cura di Silvana Editoriale, che raccoglie i contributi di Paola Zatti, curatrice della mostra, Jennifer Higgie, Salvatore Settis e Francesco Stocchi, insieme a un’ampia documentazione iconografica.