Urps, l'Ufficio Resurrezione che dà nuova vita alle Parole Smarrite

A corto di parole? Chiedetele all’ente "preposto al recupero di parole smarrite benché utilissime alla vita sulla terra” fondato nel 2009 dall’artista Sabrina D’Alessandro

Chi è appassionato di parole si sarà probabilmente già imbattuto nell’URPS (acronimo di Ufficio Resurrezione Parole Smarrite), “l'ente preposto al recupero di parole smarrite benché utilissime alla vita sulla terra” fondato nel 2009 dall’artista Sabrina D’Alessandro. L’attività di questo Ufficio consiste nel ricercare parole rare, poco o per nulla usate, e nel riportarle all’attenzione trasformate in oggetti, e soggetti, d’arte (video, sculture, installazioni, azioni).

Molte di queste opere sono ora esposte al Museo CAMeC  di La Spezia, dove è in corso una mostra delle parole resuscitate dall’Ufficio negli anni (“Sabrina D’Alessandro Resurrezioni Insurrezioni Azioni 2009-2021” visitabile fino al 20 marzo 2022): una panchina fannònnola, che non fa e non vuole fare niente, una pietra sbagliona – che commette molti errori- da “scagliare se si è senza peccato” e molte altre parole trasformate in sculture, installazioni interattive, cantate, agite, mimate. 

Gran parte di queste parole è raccolta nel volume scritto e illustrato da Sabrina D’Alessandro “Il libro delle Parole Altrimenti Smarrite”, edito da Rizzoli per la prima volta nel 2011 e recentemente ripubblicato da BUR. Per Stefano Bartezzaghi «una macchina che rimette in vigore parole meravigliose, che ci paiono risuonare di una musica che non abbiamo mai sentito, risplendere di colori che non abbiamo mai visto.

Scopamestieri (chi cambia spesso lavoro), ventisettaio (chi attende il 27 del mese per ricevere lo stipendio), malvone (persona dalle idee fin troppo moderate), le parole contenute nel libro descrivono qualità umane; sono parole rare, per lo più arcaiche o cadute in disuso, ma sorprendentemente attuali e «capaci di descrivere la realtà in modo diverso, ribaltando la nostra tendenza a prenderci troppo sul serio».

Un mondo divertente in cui avventurarsi anche per i bambini, cui l’autrice ha dedicato “Accendipensieri per scoprire parole antiche e inventare parole nuove” (Rizzoli 2021). Il libro (“per chi ama le parole dai 7 ai 120 anni”) è un piccolo vademecum per giovani artisti-linguisti: «In queste pagine scoprirete cosa sono le parole, quante ne usiamo, come nascono, perché muoiono e quanto alcune, benché smarrite, possano rivelarsi ancora utilissime. Parole che nessuno conosce più come nubìvago (che vaga tra sogni e idee) o sbucciafatiche (indolente), dicono le cose con un altro nome e così facendo ci permettono di vederle meglio. L’Urps le chiama parole “occhialute”, rendono bene l’idea e sono divertenti da disegnare.» Particolarità del libro è infatti quella di essere interamente illustrato con i disegni realizzati dai bambini che hanno partecipato negli anni ai laboratori e alle rubriche di parole tenute dall’autrice (cfr. “URPS, Dipartimento Parole Imparavolate”, Domenica del Sole24Ore, 2016-2017).

«Ed è proprio disegnando parole antiche che diventa più facile immaginare parole nuove. (…) Basta ricombinare vocaboli composti come asciugamano e calzascarpe per inventare oggetti poetici come l’asciugacielo (macchina per asciugare il cielo dopo che ha piovuto), confortevoli come il calzaletto (calza gigante in cui dormire comodi) o illuminanti come l’accendipensieri (che scocca idee invece di scintille).» Come scrive Pietro Gaglianò nel testo critico che accompagna il catalogo della mostra al CAMeC, la ricerca dell’Ufficio Resurrezione «ci ricorda quanto sia importante trovare le parole per descrivere le cose, ma anche che bisogna trovare immagini nuove per tradurle in pensiero».