Brunello Cucinelli, Il Visionario Garbato, un film/memoir, una storia fatta di intuito, passione e generosità, firmata dal Premio Oscar Giuseppe Tornatore. Dal 9 al 11 dicembre al Cinema
A Cinecittà dove c’è stata la Prima Assoluta é la Consacrazione, tra celebreties, testimonial e istituzioni. E’ venuta di corsa anche la premier Giorgia Meloni. Sul palco a dare il benvenuto Cucinelli era con Tornatore e Nicola Piovani, autore della colonna sonora e la Famiglia, il suo Totem, il suo sostegno. Applausi, commozione e standing ovation. Dal red carpet a un tappeto di luce fatto di mille candele lungo il set di un’antica Pompei ( che sembrava vera) che conduceva il parterre alla cena di gala. Due ore di narrazione coinvolgente che ripercorrono luoghi e momenti chiave della storia di un ragazzo venuto dalla campagna umbra che ha avuto l’idea di declinare umanesimo e capitalismo insieme, costruendo un’impero fatto di cachemire e non solo. Quasi tremila dipendenti ma la rete di consulenti, collaboratori in giro per il mondo ( Cucinelli vende dall’America alla Cina passando per la Russia e il Giappone) é molto, molto più vasta.
Il film si apre con un’immagine potente, quella dei tanti fuocherelli accesi per proteggere dal gelo le vigne dove produce un vino eccellente, un’altra sua passione legata al borgo antico umbro di Solomeo che lui ha fatto ristrutturare a sue spese. Il suo vino si chiama "Castello di Solomeo" e nasce da una piccola vigna-giardino di cinque ettari, con l'obiettivo di creare un'impresa sostenibile che reinveste i profitti nella comunità, restituire bellezza alla terra e agli uomini che la lavorano. Ha finanziato anche la costruzione di biblioteche: educare per crescere meglio le future generazioni. E’ il suo credo.
Ma cominciamo dall’inizio, dalla infanzia contadina. La povertà della sua famiglia, ma ricca di valori, é stato il suo trampolino di lancio. Un’adolescenza felice, la ricorda Cucinelli, un po’ da famiglia nel bosco (termine molto abusato ultimamente). Vivevano in un casolare, senza luce e acqua. “Non avevo nulla, ma non desideravo nulla, perchè non sapevo cosa desiderare. Bevevo il latte appena munto mischiato con l’orzo ed ero contento”. Tosava i coniglietti e il pelo serviva per fare pullover, già una premonizione di quello che avrebbe fatto dopo? Gli acquiloni costruiti con lenzuoli stracciati e riutilizzati. Ecco come è germogliato la sua cultura del riciclo etico. Quasi una favola, come quella raccontata da Ermanno Olmi, il grande maestro del cinema che ha esplorato la cultura rurale. Si andava a scuola a piedi camminando per un’ora fra fango e neve. Si aspettava la mietitura del grano da celebrare come la festa del villaggio. Dai solchi tracciati dalla vacche a traino con l'aratro ( falli dritti e precisi gli diceva il padre) Brunello é passato alla guida di una grande azienda. Nonno Fiorino invece gli ha insegnato a giocare a carte al bar Gigino. Della briscola gli é rimasto la rapidità e la capacità di “leggere” gli altri con un sguardo. Voleva farsi prete perché entrare in seminario dava prestigio sociale alla famiglia. Il corto circuito avviene quando la famiglia si trasferisce a Perugia e il padre entra a lavorare in fabbrica. Dal sogno alla Grande Delusione. Adesso hanno luce e acqua in casa ma hanno perso la genuinità della vita in campagna. Il lavoro di “schiavo” vuol dire per il padre e un’intera generazione maltrattamenti e dignità calpestate. Da qui nasce il “ capitalismo umanista” di Brunello Cucinelli che gli porta elogi sulla stampa internazionale, un’intera pagina sul New York Times, conferenze nel mondo e laurea ad honorem. Pardon, anche il Neima Marcus Award (l’Oscar della moda, il premio più ambito già vinto da Coco Chanel, Giorgio Armani, Valentino). “Prima di andarlo a ritirare sono andato al cimitero dove sono sepolti tutti i miei parenti con la lettera di invito e ho cominciato a urlare verso i loculi: papà, guarda qua! Zio Tonino hai capito?”… ricorda commosso.
"Mi sento custode e non proprietario, quindi non ho paura di perdere", dice in un passaggio finale Cucinelli.
E a un certo punto della sua vita ha deciso che era importante restituire un po’ della fortuna che aveva avuto. Ha cominciato a comprare tutti gli opifici abbandonati che imbruttivano la valle, di nascosto sennò i proprietari dei terreni alzavano il prezzo (l’ultimo lo ha beccato e ha preteso il quadruplo del primo). Poi ha raso tutto al suolo. E ha risanato ogni cosa, mettendo filari di vigne, orti, giardini al posto dei capannoni. Il bello al posto del brutto.
E pensare che gli davano del matto. A essercene di matti come lui!