Addio a Sebastiao Salgado, morto a 81 anni il “genio della fotografia in bianco e nero”, era membro dell’Accademia delle Belle Arti francese - GALLERY

A darne la notizia l'Accademia delle Belle Arti francese, di cui era membro. Iconiche le sue foto in bianco e nero di guerra o della Foresta Amazzonica

È morto a Parigi all’età di 81 anni Sebastião Salgado, il fotografo franco-brasiliano universalmente considerato il “genio della fotografia in bianco e nero”. Lo ha annunciato con "immensa tristezza" l'Académie des Beaux-Arts di Parigi, di cui Salgado era membro dal 2016 e dove venne accolto come “grande testimone della condizione umana e dello stato del pianeta”.

Addio a Sebastiao Salgado, morto a 81 anni il “genio della fotografia in bianco e nero”

Nato ad Aimorés, nello stato brasiliano di Minas Gerais, l'8 febbraio 1944, Salgado non è stato un fotografo nel senso tradizionale del termine. Laureato in economia, iniziò la sua carriera professionale nell’amministrazione pubblica e in organismi internazionali come l’International Coffee Organization, che gli permisero di viaggiare e conoscere le profonde disuguaglianze del mondo. Fu durante uno di questi viaggi in Africa che comprese come la fotografia potesse essere il mezzo più potente per raccontare e denunciare quelle realtà.

Nel 1973 abbandonò tutto per seguire la vocazione fotografica, iniziando a collaborare con le agenzie Gamma e Magnum, per poi fondare nel 1994 la sua casa di produzione e distribuzione indipendente, Amazonas Images. In oltre 5 decenni di carriera, Salgado ha costruito un corpus monumentale che unisce estetica classica e contenuti di denuncia sociale.

La sua è una fotografia fatta di contrasti netti, ma mai semplicistici. Le sue immagini non sono solo potenti dal punto di vista visivo: sono narrazioni in sé, capaci di scuotere le coscienze. Reportage come Sahel: l’homme en détresse (1986), Other Americas, Workers (1993), Terra (1997), e In cammino (2000), affrontano i temi dello sfruttamento, delle migrazioni, delle disuguaglianze, rendendo visibile l’invisibile con un’umanità che pochi altri sono riusciti a restituire con tanta forza.

La mano dell’uomo”, progetto titanico durato sei anni attraverso 26 Paesi, rimane forse la sua opera più iconica: un affresco epico sul lavoro umano, dai minatori del Brasile ai pescatori del Bangladesh, dai cantieri navali indiani alle piattaforme petrolifere del Medio Oriente. Con questo lavoro, Salgado ha definitivamente superato i confini del fotogiornalismo per entrare nel pantheon della grande arte documentaria.

Ma l’uomo che aveva fotografato l’inferno in Ruanda e nei Balcani, che aveva visto le sofferenze più estreme nei campi profughi e nei territori martoriati dalla guerra, non è rimasto immobile nel dolore. A metà degli anni ’90, esaurito e disilluso, ha deciso di tornare in Brasile per rigenerarsi nella sua terra d’origine, avviando con la moglie Lélia un mastodontico progetto di riforestazione che ha riportato alla vita oltre 2 milioni di alberi nella regione di Aimorés.

Da quella esperienza è nato Genesis, un’opera colossale e poetica, frutto di otto anni di esplorazioni nei luoghi più remoti e incontaminati della Terra: l’Antartide, il Congo, l’Amazzonia, il deserto del Sahara, le isole Galápagos. Un omaggio fotografico alla bellezza primordiale del pianeta e al tempo stesso un appello urgente alla sua salvaguardia.

La fotografia di Sebastião Salgado è sempre stata molto più che una questione tecnica o stilistica. Era una visione del mondo, un atto di responsabilità, un invito alla riflessione. Ogni suo scatto portava con sé una domanda, spesso scomoda: "Quale posto occupa l’uomo nella società e nel mondo naturale?".

Insignito di innumerevoli premi internazionali – dal W. Eugene Smith Award al premio Oskar Barnack, fino alla medaglia d'oro della Royal Photographic Society – Salgado ha ricevuto anche il tributo cinematografico di Wim Wenders con Il sale della terra, film-documentario che ha fatto conoscere la sua opera a un pubblico ancora più ampio.

Con la sua scomparsa, il mondo perde non solo un fotografo eccezionale, ma anche un testimone morale del nostro tempo. Le sue immagini restano a raccontarci un’umanità che lotta, resiste, ama, lavora, sogna. Un'umanità che Salgado ha saputo guardare sempre negli occhi. Con rispetto. Con empatia. Con una luce che, anche nel bianco e nero, ha saputo far emergere tutta la potenza del colore della vita.