South Working, lavorare in smart dal Sud Italia è realmente possibile? La testimonianza di un lettore
Smart Working tra pigiami, disservizi telefonici e tanta esasperazione!
Smart Working, è davvero tutto rose e fiori? La testimonianza di uno Smart-Worker a Il Giornale d'Italia
"Perché, mi chiedo io, perché a causa della negligenza di altri mi viene impedito di svolgere correttamente il mio lavoro? Lavorare in questo modo è davvero migliore rispetto a come lavoravamo prima? ". Sono le parole di Pietro, un nostro lettore, uno Smart-Worker che a causa di un disservizio della compagnia telefonica Fastweb non può svolgere il suo lavoro in maniera appropriata, determinando così un disagio anche all'azienda in cui è assunto. Il nostro lettore ha dunque preso la decisione più ovvia e scontata: cambiare operatore con urgenza. Tuttavia, lo sciagurato Pietro, dopo aver telefonato alla Tim per effettuare una migrazione, riceve l'ultima batosta della giornata: la nuova scheda arriverà dopo quattro giorni e non sarà possibile ritirare la scheda personalmente. Il digital divide tra le Regioni del Nord e quelle del Sud in questa situazione sta emergendo in maniera evidente e in moltissime occasioni è un ostacolo non solo per aziende e lavoratori. Proviamo infatti ad immaginare l'enorme danno che il divario digitale e tecnologico potrebbe fare ai bambini che seguono le lezioni a distanza. In questi casi il digital divide potrebbe, in futuro, tradursi il cultural divide e questo è da evitare con ogni mezzo possibile.
Oggi più che mai è fondamentale essere sempre connessi e reperibili, lavorare in smart significa anche anche avere i mezzi per farlo (una buona connessione e OVVIAMENTE una linea telefonica che funzioni). Ma come andare avanti se neanche le compagnie telefoniche riescono a garantire non solo la connettività, da intendere oggi come un diritto, ma addirittura la linea telefonica, considerata dai più come qualcosa che è naturale avere? E soprattutto, in un momento come questo, in cui si parla tantissimo di reinventare l'Italia attraverso digitalizzazione e nuove tecnologie, è ammissibile che ci siano piccoli centri, non solo al Sud, dove ancora si verificano dei vuoti di rete?
Ecco la lettera del nostro lettore riportata per intero:
Ciao,
sono Pietro, venticinque anni, laurea triennale in economia e commercio, vivo in un ridente e soleggiato paese in provincia di Potenza. Sono uno Smart-Worker. Mi è capitato fin troppo spesso che dei miei colleghi, quasi a bassa voce, mi abbiano detto di preferire di gran lunga il cosiddetto "Smart-Working" al normale lavoro d'ufficio. Non solo, mi è successo frequentemente anche di intavolare sterili discussioni con dei miei amici su questa questione:
"Quanto sei fortunato a lavorare da casa!"
"Che bello poter lavorare in pigiama accanto alla stufa!"
"Menomale che non hai perso il lavoro!"
Non posso che dirmi d'accordo solo che con l'ultima di queste asserzioni. Il non aver perso il lavoro, rispetto a molti miei coetanei e non, è una cosa di cui sarò sempre enormemente grato e per la quale non smetterò mai di ringraziare il cielo.
Ma ora vorrei soffermarmi un attimo sulle prime due affermazioni. E per farlo mi aiuterò raccontandovi una storia, che peraltro è anche il motivo per cui ho scelto di inviare questa lettera.
Stamattina, come faccio praticamente da più di otto mesi, mi sono alzato presto e, dopo aver preso il mio solito caffè, ho acceso il computer iniziando a rispondere alle mail. Davanti ai miei occhi si profilava un'altra noiosa e deprimente giornata di lavoro, (perché sì, per quanto comodo possa essere lavorare da casa, mi permetto di dire che quantomeno l'andare in ufficio e prendere a pugni la malfunzionante macchinetta degli snack assieme ai miei colleghi era di certo molto più DIVERTENTE, nonostante ci fregasse almeno cinque euro al giorno), ma neanche nei miei più remoti incubi avrei potuto immaginare la piega surreale che avrebbe preso la giornata.
Come dicevo, mi appresto a rispondere alle mail, ma mi rendo subito conto che la linea è lenta, lentissima. Così lenta che neanche mi si apre Google e subito una scritta mi avvisa che devo riavviare tutto perché la pagina impiega troppo tempo a rispondere.
Controllo il modem del Wi-Fi, controllo bene che il mio PC sia connesso ad internet: mi pare tutto in regola.
Riavvio tutto come indicato ma non cambia niente. Ricontrollo per scrupolo ma sembra essere tutto perfettamente funzionante.
Visto che non ho tempo da perdere prendo il mio cellulare e provo a chiamare quelli di Fastweb. Niente, non c'è linea, non posso neanche chiamare.
Spengo e riaccendo il telefono, disattivo e riattivo tutto, ma niente da fare. Fortunatamente il mio coinquilino è sveglio e quindi gli chiedo se posso chiamare un attimo col suo cellulare.
Faccio il numero verde di Fastweb. Aspetto in linea quindici minuti, accompagnato da una musichetta in sottofondo che altro non fa che urtare ancora di più il mio già fragile sistema nervoso. Infine, quando ho perso oramai perso ogni speranza, sento una voce parlarmi dal telefono.
Una ragazza da Tirana.
Provo a spiegarle il mio problema, con molta difficoltà, ma non riesco a farmi capire molto bene. La ragazza mi risponde spesso in malo modo, invitandomi ad essere più chiaro.
Io, da parte mia, più che dirle cordialmente che d'improvviso linea telefonica e internet hanno smesso di funzionarmi senza una ragione apparente, non so fare.
Mi invita ad aspettare in linea mentre prova a capire il problema.
Dopo un poco mi dice che non c'è nessun problema e mi invita gentilmente a controllare bene che i cavi siano ben attacati. La ringrazio e ricontrollo, per l'ennesima volta, di nuovo tutto.
Ovviamente non funziona nulla.
Richiedo gentilmente di nuovo il telefono al mio coinquilino e ritento con il numero verde. Questa volta mi risponde subito, un'altra ragazza; controlla e mi dice che non ci sono problemi. Spazientito le spiego tutta la situazione e che avrei già dovuto iniziare a lavorare. La ragazza, che non per colpa sua non capisce molto bene l'italiano, non riesce a dirmi niente.
Infine mi invita ad aspettare che il problema si risolva da solo.
Sull'orlo di una crisi nervosa chiedo l'ennesimo piacere al mio coinquilino, cioè di farmi da hotspot per internet.
Sempre dal suo telefono chiamo il mio principale e gli spiego la ragione del mio ritardo e che, ad ogni modo, avrei potuto avere dei problemi a lavorare.
Per farla breve, oggi alla fine non ho potuto lavorare perché il mio coinquilino è dovuto uscire un paio di ore dopo per sbrigare delle commissioni. E questo ha messo in difficoltà tutto il mio team di lavoro.
Perché, mi chiedo io, perché a causa della negligenza di altri mi viene impedito di svolgere correttamente il mio lavoro? Lavorare in questo modo è davvero migliore rispetto a come lavoravamo prima?
La cosa ancor più esilarante è che dopo aver deciso di cambiare operatore con urgenza, dal momento che in nessun modo la Fastweb sembrava in grado di risolvere il problema, disperato, chiamo Tim nella speranza di poter passare alla loro compagnia in maniera rapida.
"Certo, è possibile passare a Tim mantenendo lo stesso numero telefonico. La sua scheda arriverà tramite corriere giovedì", mi risponde una signora dal forte accento milanese. Io, sull'orlo di un collasso, raccolgo le ultime forze per spiegare per l'ennesima volta che avevo bisogno di linea immediatamente e che non potevano lasciarmi senza copertura telefonica e di rete per quattro giorni. Ma la signora, con un tono gentile ma irritato, mi dice: "La capisco ma non posso fare nulla di più. Anzi, spero che non ci siano dei ritardi perché il tal caso la sua scheda potrebbe arrivare anche lunedì".
"Dovete spedirmi la scheda da Milano? Non posso semplicemente ritirarla oggi in un centro Tim?" controbatto incredulo.
Risposta negativa. Ok, tutto questo è un incubo, mi sono forse risvegliato nel Medioevo?