Dissociazione per evitare ergastolo e recidiva: il caso del presunto ex camorrista Angelo Moccia
Di Filippo Geraci
Dissociazione - per evitare ergastolo - e recidiva: il caso del presunto ex camorrista Angelo Moccia riarrestato il 29/09/2020 a Roma insieme ad altri 12 presunti sodali tra componenti del clan, prestanome ed intermediari
Telegiornali, radio e quotidiani hanno dato ampio rilievo agli arresti eseguiti a Roma del clan Moccia ed ai sequestri finalizzati alla confisca, di n.14 ristoranti, tutti situati nel centro storico della Capitale , attraverso i quali il clan camorristico dei Moccia originari di Afragola, sembra stia reimpiegando a Roma i profitti campani dello spaccio di droga, delle estorsioni e di probabili altre attività tipiche della camorra campana.
Purtroppo la notizia non svela nulla di nuovo; al contrario conferma ulteriormente che la Capitale d’Italia sembra essere tra le città preferite per il riciclaggio dei proventi delle mafie nazionali e non , ed anche per succursali operative colonizzatrici del territorio romano per esercitare usura, praticare estorsioni ed ampliare l’offerta sul mercato della droga e della prostituzione.
Lo dimostrano i numerosi arresti ed i sequestri finalizzati alla confisca eseguiti su istanza della DDA durante l’anno in corso nei confronti del clan camorristico dei Senese ( 16 arresti e sequestri di beni per 15 milioni in data 07/07/2020 ) della Ndrangheta calabrese della cosca Mancuso ( sequestro di beni per 2.milioni di euro in data 03/06/2020) della camorra degli Amato-Pagano , i cosiddetti “Scissionisti” ( sequestro per 9.milioni di euro in data 18/05/2020) dei Casalesi ( sequestrati beni per 20.milioni il 16/06/2020) di Cosa Nostra famiglia mafiosa di Palermo Resuttana ( 30.milioni 18/06/2020 ) solo per citare i piu’ recenti senza dimenticare le mafie estere degli Albanesi (autori anche di diversi omicidi) dei Cinesi, Nigeriani , Rumeni, Georgiani, Filippini ognuna con proprie specialità e territori preferiti.
Su cosa, quindi i recenti arresti dovrebbero suscitare una ulteriore approfondita riflessione del Governo e del M.ro della Giustizia? Riteniamo la possibilità di una sensibile riduzione della pena dei condannati per mafia nel caso in cui gli stessi si dissocino dal proprio clan. Proprio come è accaduto per il capo clan Angelo Moccia, condannato all’ergastolo per plurimi omicidi, il quale così facendo ha beneficiato di una riduzione della pena dall’ergastolo a circa 30 anni, scontati i quali è tornato libero, sembra purtroppo, anche di riprendere l’attività criminale del proprio clan.
E pensare che lo stesso Moccia in una intervista rilasciata in data 20/12/2019 al giornalista Gigi di Fiore del Mattino di Napoli dichiarava : “A chiunque si trovi a ricevere richieste di pizzo, ad Afragola come altrove, dico di andare subito a denunciare. Credo ora nella giustizia, nelle forze dell’ordine, nei magistrati, e non ho nulla a che fare con chi spende il mio nome per compiere questi crimini».Perché pensa che la dissociazione dei mafiosi sia vista con diffidenza dai magistrati?«Perché si pensa che non sia una scelta definitiva, come dovrebbe essere la collaborazione con la giustizia. Molti pentiti, però, sono tornati a fare i criminali. Io non chiedo giustificazioni, ma non mi sento nato delinquente. La mia strada è stata segnata da una scia violenta di vendette in un contesto di soprusi criminali».Come vive ora?«Vivo all’estero, lavorando nel settore alimentare. Ma il mio passato mi perseguita e non per colpa mia. Con i miei fratelli, mi ero trasferito a Roma, ma il nostro cognome, anche senza fare oggi nulla di male, viene bollato e c’è stato chi ha ipotizzato una nostra influenza sulla realtà criminale della capitale. Hanno pubblicato addirittura una mappa, in cui i Moccia figurano nel controllo del quartiere Parioli. Non è vero, ma ho deciso di lasciare Roma, dove mi trovavo bene, per andare all’estero».Cosa spera per i suoi figli?«Siamo quattro fratelli, abbiamo dodici figli e 5 nipoti. Conducono una vita onesta, e soprattutto per loro vorremmo che il marchio che ci accompagna fosse rimosso. Si può scontare una pena e cercare di essere dimenticati nella riabilitazione, ma sembra che a noi non sia consentito».
Al di là delle belle e condivisibili dichiarazioni nell’intervista rilasciata, sembra tuttavia che quanto raccontato al giornalista sia smentito dalle indagini svolte dalla DDA e, quindi corrette devono ritenersi le osservazioni del dott. Giovanni Melillo Procuratore delle Repubblica di Napoli il quale in data 03/12/2019 sulla Rivista Penitenziaria: “L'associazione mafiosa mira anche ad obiettivi come la corruzione e il riciclaggio, non riesco a comprendere come ci si possa dissociare dalla corruzione o dal riciclaggio". Condotte che, al contrario, rischiano di rafforzarsi grazie al silenzio dei boss dissociati. Ecco perché, le dissociazioni verbali non bastano" ad aprire la strada ai benefici, neppure alla luce delle sentenze della Cedu e della Corte costituzionale sulla estensibilità dei permessi premio in caso di ergastolo per delitti di mafia anche in mancanza di una piena collaborazione. La decisione della Consulta, ragiona Melillo, "pone al centro il tema centrale della discrezionalità giudiziaria", per la quale il capo dei pm auspica "una nuova configurazione complessiva".
Come anche quelle del Procuratore Aggiunto di Catania dott. Francesco Puleio il quale in data 19/12/2019 sulla rivista Ristretti orizzonti : “ Chi scrive generiche lettere di distacco, o ammette nelle aule di giustizia solo i propri delitti, senza chiamare in causa terze persone, né alzare il velo sugli affari del clan, non offre alcun contributo all'accertamento della verità. È un atteggiamento ambiguo, che può implicare una seppur indeterminata volontà di recidere i legami con l'ambiente delinquenziale, ma può celare talora una strumentalizzazione, dissimulatrice del persistere di una sottostante adesione al clan. Perché allora, senza rischiare un sostanziale scollamento dalla realtà, concedere sconti di pena (soprattutto nei processi per omicidio), permessi carcerari, ovvero, con riferimento ai detenuti di rango apicale, elidere il regime di massima sicurezza previsto dall'art. 41bis dell'ordinamento penitenziario, a fronte di una pubblica presa di distanza dall'organizzazione, inutile in quanto escludente ogni forma di concreto contributo, che non consente di acquisire elementi tali da escludere l'attualità della partecipazione criminale e il pericolo di ripristino di collegamenti con la criminalità organizza, e che rischia, anzi, di contribuire a rafforzare i clan? Poco senso ha invocare l'estensione ai dissenzienti di mafia dei meccanismi premiali già previsti dalla legge per i terroristi dissociati, …. a mafia si fa per arricchire, diceva il pentito Antonino Giuffré, non per cambiare il mondo, ci sia consentito aggiungere. Come ci si può dissociare dalla corruzione o dal riciclaggio di denaro od ammettere un omicidio eccellente senza fare riferimento a complici o interlocutori esterni al clan?
Speriamo vengano ascoltati dalla Governo e dal Parlamento.
Giuseppe Filippo Geraci - papik_geraci@yahoo.it